Le parole creano realtà a volte….stressanti

Le parole creano realtà a volte….stressanti

Il linguaggio è la nostra chiave di accesso al mondo. Attraverso il linguaggio diamo voce e significato alla nostra esperienza, diamo senso alla realtà così come la percepiamo.

Attraverso il linguaggio possiamo condividere la nostra esperienza con gli altri, ma facciamo attenzione a non credere che la nostra mappa sia l’unico territorio esistente. Non è così.

Attraverso il linguaggio attribuiamo senso e significato alle nostre esperienze che, elaborate attraverso i nostri sensi, arricchiscono la nostra mappa, creando una realtà in cui siamo immersi, una realtà che a volte possiamo arrivare a subire anziché fronteggiare attivamente.

Quando, ad esempio, parliamo di sofferenza, di disagio, di malessere, stiamo parlando di un’attribuzione di significato da parte della persona che sperimenta quel malessere e che attribuisce e quei pensieri, a quelle emozioni e a quei comportamenti un significato specifico e peculiare.

In sostanza, il linguaggio non modifica la realtà ma la percezione che abbiamo di essa, andando poi ad influenzare direttamente le azioni che agiremo.

La parola “stress” insieme alle sue derivazioni ha conosciuto un’immediata e mai tramontata fortuna, dovuta probabilmente alla sua brevità, alla facilità di pronuncia e alla mancanza di traduzioni soddisfacenti.

Potremmo addirittura arrivare a definire questo termine un termine “alla moda”, rappresentativo del logorio e della frenesia della vita moderna.

Scomodando l’etimologia, il verbo stressare “sottoporre a stress, affaticare notevolmente, logorare, sul piano fisico e soprattutto mentale” (cfr. Accademia della Crusca), nel suo significato primario comincia a diffondersi nel 1955.

Stressare deriva probabilmente, dall’inglese stress (propriamente “sforzo, tensione”), un termine mutuato a sua volta dalla fisica, in cui indica lo sforzo cui viene sottoposto un materiale per misurarne la robustezza.

Dal linguaggio medico la parola stress è poi passata rapidamente all’uso quotidiano e corrente, a indicare più genericamente la tensione nervosa, il logorio psicofisico causato specialmente da un ritmo di vita troppo intenso.

Provando a fare una sintesi grossolana delle definizioni presenti in letteratura, l’essere stressati, il sentirsi stressati, fa riferimento, dunque, ad una generale condizione di esaurimento, logorio, preoccupazione eccessiva, sperimentata dalla persona, che può manifestarsi sul piano emotivo, cognitivo, fisico e comportamentale.

L’epistemologia costruttivista e post-strutturalista ci insegna però che “la mappa non è il territorio”.

L’esperienza soggettiva così come il proprio personale atteggiamento verso lo stress, fanno la differenza rispetto a quello che la persona potrebbe descrivere in relazione al suo vissuto di “sentirsi stressata”, ovvero alla sua personale mappa.

Questo cosa implica? Che sebbene “stress” sia un termine estremamente diffuso, anche nelle sue derivazioni, dobbiamo cedere alla tentazione di utilizzarlo come “etichetta” di qualcosa socialmente condiviso.

È fondamentatale, piuttosto, partire dalle parole della persona, per accedere ai suoi significati, alla sua personale mappa della realtà stressante che sta vivendo.

Tramite le parole la persona ci rivela il proprio mondo interno, ci da accesso ai significati più profondi rispetto a cosa significa per lei sentirsi stressata.

Come psicologi, come terapeuti ma anche e soprattutto come umani dotati di una propria mappa, per rendere davvero efficace il nostro agire professionale è importante imparare ad ascoltare e utilizzare la mappa di chi abbiamo davanti: sentirle, vederle e ascoltarle insieme a lui.


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