Il lato oscuro dell’autostima

Il lato oscuro dell’autostima

L’autostima è una dimensione essenziale e funzionale al nostro benessere.

Tuttavia, si assiste sempre di più al dilagare di narrazioni favolistiche che associano l’autostima esclusivamente al successo personale, alla presenza di talenti incredibili e in cui l’autostima viene definita come un attributo sempre positivo, privo di crepe o imperfezioni.

Questo tipo di narrazione, oltre che essere lontana dalla realtà, può risultare dannosamente controproducente e alimentare delle visioni distorte.

Uno dei miei punti di riferimento sul tema è senza dubbio Nathaniel Branden, che è considerato uno dei pionieri nello studio dell’autostima: tra le diverse definizioni che Branden ci regala c’è quella che definisce l’autostima come un “sentire di essere adeguati alla vita e alle sue richieste” (p.20, 1994).

Un fatto è certo: non riusciamo ad essere indifferenti alla valutazione che diamo di noi stessi. Allo stesso tempo, però, l’autostima non è un dono innato che va risvegliato, quanto piuttosto una conquista quotidiana che va mantenuta nel tempo e che non segue sempre una logica lineare.

L’autostima, secondo Branden (1994), si basa e si sviluppa su due pilastri fondamentali:

  1. Il senso di efficacia personale, ovvero la fiducia nella propria efficacia e nella propria capacità di pensare, capire, imparare, scegliere e prendere decisioni. Il senso di efficacia non ha niente a che fare con la convinzione di essere infallibili e non è la certezza che saremo in grado di affrontare tutte le sfide della vita. Il senso di efficacia ha a che fare con la fiducia di poter fare del nostro meglio di fonte ad ogni sfida, ad ogni battaglia.
  2. Il rispetto di sé riguarda invece il riconoscimento del proprio diritto al benessere, che vale la pena essere sostenuto e perseguito.

Branden critica l’idea che l’autostima possa essere costruita attraverso il semplice accumulo di successi o il confronto con standard esterni: ci sono persone, infatti, che riescono a raggiungere importanti obiettivi attraverso le proprie capacità e talenti e che sono costantemente accompagnate da un senso profondo di inadeguatezza e di non essere all’altezza: niente è mai abbastanza.

Un’autostima funzionale, al contrario, nasce piuttosto dall’integrità, dalla congruenza tra i nostri valori (ovvero ciò che è importante per noi) e le nostre azioni, e dalla capacità di accettare le proprie vulnerabilità, di apprendere dagli errori e dalle battute d’arresto.

In questo senso, la nostra autostima, funge anche da sistema immunitario, perché ci consente di riprenderci con più efficacia da momenti difficili che potremmo incontrare nel corso della vita: anche le persone con una sana autostima, infatti, soffrono di fronte ad una sconfitta o ad una delusione, ma sanno che dopo una caduta è possibile rialzarsi.

Quando riduciamo l’autostima a un mero elenco di traguardi raggiunti, di obiettivi centrati, si rischia di alimentare una fragilità emotiva: il senso di valore personale diventa contingente al successo e potrebbe disintegrarsi di fronte ad un fallimento.

I Rischi di un’Autostima dipendente solo dai Successi

Le narrazioni contemporanee che esaltano l’autostima come sinonimo di successo e realizzazione personale trascurano la complessità di questo costrutto psicologico.

Un approccio più equilibrato allo sviluppo e mantenimento dell’autostima dovrebbe enfatizzare, infatti, la capacità di accogliere e integrare sia i successi che i fallimenti.

 Branden stesso sottolinea che l’autostima duratura si nutre innanzitutto dell’autenticità: accettare sé stessi come esseri imperfetti, in crescita, e impegnati a migliorare.

Rappresentare l’autostima come una qualità sempre positiva, che non può andare incontro a delle fratture e delle riparazioni, legata esclusivamente al successo, rischia di creare aspettative irrealistiche e di minare il benessere psicologico individuale, attraverso lo sviluppo di comportamenti disfunzionali.

Il livello della nostra autostima, infatti, non viene stabilito in un dato momento della nostra vita, una volta per tutte: l’autostima può salire, abbattersi e ricrescere più volte nel corso della vita.

Se ripensi alla tua storia, potresti osservare dei cambiamenti nel tuo livello di autostima, in relazione a diversi momenti di vita. Succede a tutti.

Ogni volta che dobbiamo agire, affrontare una sfida, prendere una decisione, influenziamo la percezione che abbiamo di noi: e se evitiamo di agire, la influenziamo lo stesso.

In fin dei conti, esiste una cosa più sfidante, del vivere secondo i propri valori?

Piccola bibliografia di riferimento

  • Branden, N. (1994) (trad.it. 2012). I sei pilastri dell’autostima. Milano: TEA Edizioni.